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venerdì 1 agosto 2014

Il saccheggio dell'Africa


L'Africa è il secondo continente più grande del globo.           
E' la culla di un ecosistema vario e straordinario, presenta una stupefacente diversità di bellezze naturali, tra le quali il deserto del Sahara, il Kilimangiaro, la rigogliosa Savana e le foreste pluviali.
Al suo interno vivono etnie dalle più esoteriche tradizioni e risiede il regno di una fauna meravigliosa.
Ma il male, con tutta la sua avidità, non riesce a vedere il valore inesprimadible di una tale meraviglia, e non esita per usarlo come terreno fertile nel suo depravato gioco di manomissione del Pianeta terra a proprio interesse.

Futili materiali, a cui dalla notte dei tempi, i corruttori dei popoli danno un assurdo valore come diversivo per annaffiare il progetto finanziario che come una rete intrappola il Pianeta.
La rete, come vuole il colosso commerciale dell'epoca moderna, la globalizzazione, è tessuta dalle industrie multinazionali.


Sei multinazionali sono coinvolte nello schiavismo e nello sfruttamento del lavoro minorile

  • Coca Cola
  • Philip Morris, con i ripettivi marchi: Marlboro, Basic, Benson & Hedges, Cambridge, Chesterfield, Commander, Dave's, English Ovals, Lark, L&M, Merit, Parliament, Players, Saratoga and Virginia Slims
  • Victoria's Secret
  • KYE, responsabile per la produzione di prodotti per aziende e marchi come Microsoft, XBox e HP
  • Forever 21
  • Hershey's

Le compagnie minerarie

Dal forum del Wef di Città del Capo è emerso con chiarezza che «Le compagnie minerarie internazionali spogliano il continente africano sottraendo ai suoi governi almeno 38 miliardi di dollari all'anno attraverso pratiche di corruzione, paradisi fiscali e altri stratagemmi finanziari» ed a denunciarlo non sono le solite associazioni umanitarie ed ambientaliste o le Agenzie dell'Onu, ma leader di primo piano della comunità internazionale, come Kofi Annan, ex segretario generale dell'Onu, Michel Camdessus, ex dirigente del Fondo monetario internazionale, (Fmi) o Olusegun Obasanjo, ex presidente della Nigeria, tutti uomini che una qualche responsabilità (a volte grande) per l'attuale situazione ce l'hanno, ma che oggi fanno parte del del gruppo di lavoro sull'Africa autore di un rapporto reso al Wef Africa 2013. Come riporta Irib: «Non solo centinaia di aziende minerarie titolari di concessioni in Africa sono società offshore registrate in paradisi fiscali, ma la frode fiscale che colpisce l'Africa è di dimensioni allarmanti», secondo il working group, «L'evasione ammonta ad almeno 38 miliardi di dollari ogni anno, una somma superiore agli aiuti mondiali allo sviluppo del continente».


Compagnie Petrolifere

Da diversi decenni, le aziende petrolifere, presenti nel delta del fiume Niger in Nigeria - in particolare Eni, Total e Shell - avvantaggiate dalla debolezza che caratterizza il tessuto normativo nigeriano, hanno causato numerosi danni ambientali e violazioni dei diritti umani a discapito della popolazione locale. L'inquinamento ha contaminato il suolo, l'acqua e l'aria del delta del Niger contribuendo inoltre alla violazione del diritto alla salute e a un ambiente sano, del diritto a condizioni di vita dignitose, inclusi il diritto al cibo e all'acqua, nonché del diritto a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro. Basti considerare che la maggior parte della popolazione vive di fonti di sostentamento tradizionali, come la pesca e l'agricoltura.

Shell, responsabile dell'omicidio del poeta ambientalista Ken Saro Wiwa

ENI, opera in Nigeria, con la costituzione, negli anni sessanta, di Agip e l'avvio delle sue attività di esplorazione. Le fuoriuscite di petrolio dagli oleodotti gestiti da Eni sono un fenomeno ricorrente. Hanno contaminato i campi coltivati, le falde acquifere, le paludi e i fiumi dai quali le comunità traggono l'acqua per tutte le esigenze della vita quotidiana. Le conseguenze delle fuoriuscite sono inoltre talvolta aggravate dal verificarsi di incendi e da ritardi nella bonifica dei siti inquinati.
Nei siti produttivi di Eni sono inoltre presenti le torce di gas, bruciato durante l'estrazione del petrolio. A causa di questa pratica, detta gas flaring, gli abitanti convivono con una polvere nera che si deposita nelle case, sui vestiti e sugli alimenti e in molti lamentano problemi di salute, per effetto degli agenti nocivi e cancerogeni sprigionati da tali torce. La qualità di vita viene inoltre compromessa dal rumore delle torce di gas nonché dall'odore acre e dall'illuminazione che esse producono nell'area circostante ventiquattr'ore su ventiquattro. (Amnesty)


La mappa del saccheggio:

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