11 luglio 2014 – Si chiude il cerchio sui mercanti del virus
dell’aviaria. Un business dalle uova d’oro che per 10 anni avrebbe
arricchito funzionari corrotti e colossi del farmaco, mettendo a rischio
la salute pubblica e provocando l’abbattimento di milioni di polli e
tacchini. È stato notificato dalla procura di Roma l’avviso di
conclusione delle indagini – anticamera della richiesta di rinvio a
giudizio – nei confronti di 41 persone, tra dipendenti del ministero
della Salute, dirigenti degli Istituti zooprofilattici sperimentali di
Padova e Teramo e manager di aziende farmaceutiche. Ben tre le
associazioni a delinquere individuate dal procuratore aggiunto Giancarlo
Capaldo. Tra gli indagati spicca il nome di Ilaria Capua, responsabile
del laboratorio di virologia del centro nazionale per l’influenza
aviaria, eletta nel 2013 alla Camera in quota Scelta Civica, nonché
cugina della conduttrice tv Roberta Capua. Le accuse spaziano dalla
ricettazione alla corruzione, dalla somministrazione di medicinali in
modo pericoloso per la salute pubblica alla tentata epidemia, dalla
concussione all’abuso d’ufficio.
Gli Stati Uniti sono stati i primi a scoprire il traffico di virus.
Nell’ambito di queste indagini è emerso che Paolo Candoli, manager
italiano della Merial spa, nell’aprile 1999 aveva ricevuto nella sua
abitazione un virus di influenza aviaria altamente patogeno denominato
H9. Proveniente dall’Arabia Saudita, dove era stato illecitamente
contrabbandato dagli Usa, il virus ha viaggiato via mare, nascosto
dentro cubetti di ghiaccio, per poi arrivare a Cesena, direttamente a
casa di Candoli. Ilaria Capua, invece, deteneva il ceppo virale di
origine pakistana denominato H7N3, che avrebbe ceduto alla Merial spa
«ricevendo indebitamente – si legge nel capo d’imputazione –
un’imprecisata ma elevata somma di denaro da Daniela Nieddu»,
responsabile «Ricerca e sviluppo» della società. Avere il virus
significa poter produrre su misura il suo vaccino. E arrivare per primi
sul mercato, per le ditte farmaceutiche significa assicurarsi incassi
milionari.
I virus H9 e H7N3 «di provenienza illecita» sono stati utilizzati
inizialmente «per produrre in forma clandestina, senza la prescritta
autorizzazione ministeriale, specialità medicinali a uso veterinario,
procedendo poi alla loro commercializzazione e somministrazione sugli
animali, determinando la diffusione non più controllata dell’influenza
aviaria negli allevamenti avicoli del nord Italia». Tutto ciò ha
provocato il contagio di 7 operatori del settore, il grave pericolo per
la salute che derivava dal consumo di questa carne e l’abbattimento di
milioni di polli e tacchini, con un danno stimato in 40 milioni di euro.
Poi dalla clandestinità si passa al via libera del ministero della
Salute. Paventando un’emergenza sanitaria i dirigenti ministeriali
indagati iniziano ad autorizzare l’acquisto urgente di milioni di dosi
di vaccino «per favorire – si legge nelle carte – gli interessi
economici di Merial Italia spa e Fort Dodge, in danno delle ditte
concorrenti». A queste due società viene ceduto anche il brevetto del
test «Diva» (che individua se un animale è positivo al virus), in cambio
di denaro, royalities, regali, finanziamenti per convegni e ricerche.
Incaricato alla vendita del kit diagnostico per la Fort Dodge è Richard
Currie, marito di Ilaria Capua. Ai dirigenti del Ministero viene
contestato anche di aver disposto l’acquisto dal 2006 al 2009 di
3.578.800 dosi di vaccino per blue-tongue (febbre catarrale), causando
solo alla Regione Sardegna un danno di 2 milioni e mezzo di euro, sempre
per favorire gli interessi di Merial spa.
di Valeria Di Corrado
Fonte: Il Tempo
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