Noam Chomsky, “ecco 10 modi per capire tutte le menzogne che ci dicono”
Noam Chomsky,
padre della creatività del linguaggio, definito dal New York Times
“il più grande intellettuale vivente”, spiega attraverso dieci
regole come sia possibile mistificare la realtà.
La necessaria
premessa è che i più grandi mezzi di comunicazione sono nelle mani
dei grandi potentati economico-finanziari, interessati a filtrare
solo determinati messaggi.
1) La strategia
della distrazione, fondamentale, per le grandi lobby di potere, al
fine di mantenere l’attenzione del pubblico concentrata su
argomenti poco importanti, così da portare il comune cittadino ad
interessarsi a fatti in realtà insignificanti. Per esempio,
l’esasperata concentrazione su alcuni fatti di cronaca (Bruno Vespa
é un maestro).
2) Il principio
del problema-soluzione-problema: si inventa a tavolino un problema,
per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo
che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far
accettare. Un esempio? Mettere in ansia la popolazione dando risalto
all’esistenza di epidemie, come la febbre aviaria creando
ingiustificato allarmismo, con l’obiettivo di vendere farmaci che
altrimenti resterebbero inutilizzati.
3) La strategia
della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta
applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in
questo modo che condizioni socio-economiche radicalmente nuove
(neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90:
stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità,
disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi
dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione
se fossero stati applicati in una sola volta.
4) La strategia
del differimento. Un altro modo per far accettare una decisione
impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”,
ottenendo l’accettazione pubblica, al momento, per un’applicazione
futura. Parlare continuamente dello spread per far accettare le
“necessarie” misure di austerità come se non esistesse una
politica economica diversa.
5) Rivolgersi al
pubblico come se si parlasse ad un bambino. Più si cerca di
ingannare lo spettatore, più si tende ad usare un tono infantile.
Per esempio, diversi programmi delle trasmissioni generaliste. Il
motivo? Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni,
in base alla suggestionabilità, lei tenderà ad una risposta
probabilmente sprovvista di senso critico, come un bambino di 12 anni
appunto.
6) Puntare
sull’aspetto emotivo molto più che sulla riflessione. L’emozione,
infatti, spesso manda in tilt la parte razionale dell’individuo,
rendendolo più facilmente influenzabile.
7) Mantenere il
pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. Pochi, per esempio,
conoscono cosa sia il gruppo di Bilderberg e la Commissione
Trilaterale. E molti continueranno ad ignorarlo, a meno che non si
rivolgano direttamente ad Internet.
8) Imporre
modelli di comportamento. Controllare individui omologati é molto
più facile che gestire individui pensanti. I modelli imposti dalla
pubblicità sono funzionali a questo progetto.
9)
L’autocolpevolizzazione. Si tende, in pratica, a far credere
all’individuo che egli stesso sia l’unica causa dei propri
insuccessi e della propria disgrazia. Così invece di suscitare la
ribellione contro un sistema economico che l’ha ridotto ai margini,
l’individuo si sottostima, si svaluta e addirittura, si
autoflagella. I giovani, per esempio, che non trovano lavoro sono
stati definiti di volta in volta, “sfigati”, choosy”,
bamboccioni”. In pratica, é colpa loro se non trovano lavoro, non
del sistema.
10) I media
puntano a conoscere gli individui (mediante sondaggi, studi
comportamentali, operazioni di feed back scientificamente programmate
senza che l’utente-lettore-spettatore ne sappia nulla) più di
quanto essi stessi si conoscano, e questo significa che, nella
maggior parte dei casi, il sistema esercita un gran potere sul
pubblico, maggiore di quello che lo stesso cittadino esercita su sé
stesso.
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