
Alla
fine del 1800 Theodor
Herzl, scrittore, giornalista e avvocato ebreo-ungherese, creò il
movimento
sionista, il
cui scopo primario era la creazione di uno Stato ebraico. Nel corso
del primo congresso Sionista, tenutosi a Basilea nel 1897, il
movimento selezionò la Palestina in quanto terra di origine del
popolo ebraico. Questa non fu l'unica nazione ad essere valutata per
la creazione di uno Stato ebraico. La Gran Bretagna, ad esempio,
propose l'Uganda che all'epoca era sotto il controllo della Compagnia
Britannica dell'Africa Orientale. Alla fine, tuttavia, i leader
Sionisti scelsero la Palestina definendola: "Una terra senza
popolo, per un popolo senza terra", ignorando completamente
l'esistenza di una popolazione araba preesistente.
Molti
importanti politici americani supportarono con vigore questa
aspirazione del Movimento Sionista di creare uno Stato ebraico. Lo
stesso Presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln, sostenne che
l'insediamento degli ebrei nella loro terra natia, attraverso la
creazione di uno Stato indipendente, era "un sogno condiviso da
molti americani".
Quando
nel 1917 la Gran Bretagna espresse l'intenzione di creare all'interno
nei territori palestinesi una "National home" che potesse
ospitare tutti gli ebrei dispersi nelle varie nazioni, il Presidente
degli Stati Uniti Wilson manifestò il suo pieno supporto.
Dopo
la fine della Seconda guerra mondiale gli
Stati Uniti furono i promotori del così detto Piano
di Partizione della Palestina,
approvato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 29 novembre
1947.
Durante
la guerra fredda Israele
venne sostenuta sia economicamente sia politicamente dagli americani,
in quanto venne considerata un'utile alleata, svolgendo il ruolo di
mandataria degli Stati Uniti in Medio Oriente. Le sconfitte inflitte
da Israele alla Siria e all'Egitto, entrambe alleate della Russia,
non fecero altro che rafforzare la vicinanza esistente tra gli USA e
lo Stato di Israele. Molto utili furono, inoltre, le informazioni
fornite da Israele riguardo al potenziale bellico degli URSS e il
sostegno garantito ad alcuni alleati americani presenti in Medio
Oriente, tra cui re Hussein di Giordania. Il supporto americano fu
continuo durante tutti i conflitti arabo-israeliani che si
susseguirono, a fasi alterne, tra il 1948 e il 1973. La vicinanza
degli Stati Uniti si rafforzò, in particolare, dopo che nel 1967
esplose la guerra dei sei giorni, che si concluse con l'occupazione
da parte di Israele della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. In
quel momento gli Usa capirono che potevano avere un ruolo da
protagonisti in Medio Oriente e che la presenza di un alleato come
Israele avrebbe senza dubbio facilitato questo processo.
Nel
corso degli anni '80 gli
Stati Uniti continuarono a sostenere Israele sia economicamente che
politicamente, proteggendo gli ebrei dall'imposizione di sanzioni
internazionali attraverso l'esercizio del diritto di veto in seno al
Consiglio di sicurezza dell'Onu.
L'alleanza
anti-sovietica, che durante la guerra fredda aveva garantito agli
Stati Uniti un alleato in Medio Oriente, si trasformò negli anni
successivi alla caduta del muro di Berlino in
una sorta di "lega santa" anti-musulmana. Questa guerra al
terrorismo musulmano divennne totale dopo gli attentati dell'11
settembre del 2001, che furono la causa del successivo intervento
americano in Afghanistan.
Bill
Clinton, George W. Bush e Barack Obama, cioè i tre presidenti che si
sono susseguiti dal 1993 ad oggi, hanno tutti ribadito la solida
alleanza esistente tra Israele e gli Stati Uniti. Alleanza che non è
mai stata messa seriamente in discussione nè durante gli accordi di
Oslo del 1993, nè a seguito della decisione di Israele di avviare
l'Operazione Piombo fuso, che tra il dicembre del 2008 e il gennaio
del 2009 causò 1203 vittime tra la popolazione palestinese.
Come
abbiamo avuto modo di vedere il sostegno americano alla causa di
Israele è stratificato nel tempo. A questo punto una domanda sorge
spontanea: in
che cosa consiste questo continuo supporto garantito dagli americani
al popolo ebraico?
Si
tratta di un supporto
anzitutto finanziario.
Dalla
fine della Seconda guerra mondiale a oggi, infatti, gli Stati Uniti
hanno fornito a Israele circa 150 miliardi di dollari. Con 3 miliardi
di dollari l'anno in diretti, Israele è il maggior beneficiario di
finanziamenti stanziati dal popolo americano. Israele gode anche di
un vantaggio rispetto agli altri beneficiari: il denaro le viene
accreditato annualmente e non su base trimestrale, permettendole di
ottenere ulteriori vantaggi dagli interessi. La maggior parte dei
beneficiari ha l'obbligo di spendere tutta la cifra finanziata per
acquistare prodotti o servizi offerti dagli americani, motivando le
spese effettuate. Israle, invece, ha la possibilità di utilizzare il
25% dei finanziamenti per sviluppare la propria industria bellica e
non è nemmeno tenuta ad una rendicontazione finale.
Anche
dal
punto di vista militare e diplomatico gli
Stati Uniti hanno fornito un grande aiuto ad Israele. Per fare un
esempio gli USA hanno venduto a Israele molti degli aerei utilizzati
dalla Israeli Air Force, tra cui gli F-15, gli F-16, gli elicotteri
Apache.
Dopo
che Israele si è dotata di ordigni nucleari, inoltre, gli Stati
Uniti hanno fatto in modo che le armi israeliane non venissero
inserite nel programma di disarmo dell'Agenzia Internazionale per
l'Energia Atomica (AIEA).
Gli Usa, infine, hanno sempre protetto gli interessi di Israele
durante le riunioni del Consiglio di sicurezza, di cui gli Stati
Uniti sono membri permanenti con diritto di veto. A partire dal 1982
più di 30 risoluzioni contrarie ad Israele sono state bloccate dal
Governo americano.
A
questo punto una domanda sorge spontanea: perché
gli Stati Uniti sostengono economicamente, militarmente e
diplomaticamente Israele?
Ufficialmente
il Governo americano sostiene
che l'alleanza tra USA e Israele dipende dalla condivisione di ideali
comuni, fondati sulla democrazia e sull'uguaglianza. L'attuale
Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha pubblicamente
dichiarato che: "noi stiamo dalla parte di Israele perché
sappiamo che Israle è fondata su valori che noi, come americani,
condividiamo: una cultura basata sulla giustizia, una terra che
accoglie i bisognosi, un popolo votato a perfezionare il mondo".
Si tratta di una dichiarazione fondata su valori che non solo
appaiono in contrasto con la politica di segregazione adottata da
Israele nei confronti della popolazione palestinese, ma che di per se
non sono sufficienti a giustificare il sostegno degli Usa allo Stato
di Israele.
In
parte le
ragioni che spingono gli Stati Uniti a sostenere Israele debbono
ravvisarsi nel vantaggio
strategico rappresentato
dall'esistenza di un forte alleato
occidentale in Medio Oriente.
Israele, in altre parole, è come se fosse una testa di ponte degli
Usa in territorio arabo, tanto che il Governo americano ha definito
Israele: "la nostra portaerei in Medio Oriente". Alcuni
studiosi, tuttavia, non concordano sul fatto che l'esistenza di
Israele faciliti il controllo della situazione mediorientale da parte
degli Stati Uniti. Secondo queste interpretazioni gli Stati Uniti
sono minacciati dal terrorismo internazionale proprio a causa del
loro sostegno a Israele. Da sottolineare, inoltre, che il sostegno
strategico degli Stati Uniti alla causa di Israele appare alquanto
unilaterale, dal momento che lo Stato ebraico non si fa il minimo
scrupolo quando vende i suoi armamenti (Israele è tra i principali
esportatori di droni al mondo) a nazioni rivali degli Stati Uniti,
come la Cina o la Russia.
Ma
c'è di più.
Secondo
molti autori,
tra cui Edward Tivnan che nel 1988 pubblicò il il libro The
Lobby,
il principale motivo che spinge l'America a sostenere la causa di
Israele è l'esistenza
negli Stati Uniti di una Lobby ebraica che
indirizza la politica estera statunitense in modo che sia in linea
con gli interessi israeliani. Questa Lobby è composta da una serie
di organizzazioni aventi un enorme peso politico quali il Comitato
americano-israeliano per gli affari pubblici
o la Conferenza dei Presidenti delle principali organizzazioni
ebraico-americane. Tutte queste organizzazioni agiscono a stretto
contatto con il Likud,
partito nazionalista ebraico di cui fa parte l'attuale Primo ministro
israeliano, Benjamin Netanyahu, e che ha le sue radici nel partito
sionista riformista.
Il
sistema politico americano, in cui le elezioni sono fortemente
influenzate dai finanziamenti offerti
dai privati, garantisce un enorme vantaggio a questa Lobby: per fare
un esempio: nel 1996 le varie organizzazioni ebraiche hanno
contribuito
per più del 50% ai fondi utilizzati dal Presidente Bill Clinton
durante la campagna per la sua rielezione. Il peso economico della
Lobby viene utilizzato per influenzare le nomine al Congresso e ai
vertici degli apparati esecutivi, così da attuare le politiche
decise dal Governo di Israele. Questa Lobby ebraica ha,
inoltre, un peso enorme in settori chiave quali l'editoria
o il cinema,
permettendo un controllo dell'opinione pubblica americana la cui
maggioranza, secondo
un sondaggio
compiuto dalla CNN, giustifica gli attacchi portati da Israele contro
la Palestina e contro Hamas.
Oltre
alle varie ragioni che abbiamo esaminato finora, spesso viene
sostenuto che la protezione fornita dagli Stati Uniti a Israele, così
come l'istituzione stessa di questo Stato, trovano una
giustificazione nelle persecuzioni
subite dagli ebrei nel corso della storia. Non
volendo sminuire in alcun modo quanto è stato patito dal popolo
ebraico, queste sofferenze dovevano essere un incentivo a comprendere
quali conseguenze avrebbe causato la colonizzazione della Palestina.
Il popolo palestinese, al contrario, si è visto ridurre sempre di
più il proprio territorio, si è visto negato il riconoscimento di
uno Stato indipendente e ha continuato a subire negli anni migliaia
di vittime a causa degli attacchi compiuti dall'esercito israeliano.
Gli attentati terroristici compiuti da Hamas debbono, senza dubbio,
essere condannati nel modo più assoluto.
Per
evitare, tuttavia, che questa guerra si trasformi in una sorta di
"scontro tra tifoserie" è fondamentale studiare con
attenzione la storia del conflitto, capirne le origini, allo scopo di
sensibilizzare l'opionione pubblica così da indurla a esecitare
pressioni sui rispetti Governi. Questi, a loro volta, adotteranno
decisioni in seno alle varie Organizzazioni internazionali coinvolte,
in primis alle Nazioni Unite, ode garantire il prima possibile la
piena realizzazione di quel processo di pacificazione che appare
ormai fermo dagli
Accordi di Oslo
del 1993.
Fonte: http://it.ibtimes.com/articles/68697/20140721/stati-uniti-israele-alleanza.html
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